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Il compito dell’operatore del diritto, del magistrato, è quello di decidere; orbene, decidere è scegliere e a volte scegliere fra numerose cose o strade o soluzioni; e sce- gliere è una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. Non soltanto perché la scelta dirime una problematica del passato (giudizio di colpevolezza, giu- dizio di inadempienza ecc.), ma anche perché molto spesso la scelta comporta una previsione degli effetti a venire (affidare un minore al padre o alla madre « separandi»).

Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata. Il magistrato non credente sostituirà il riferimento al trascendente con quello al corpo sociale, con un diverso senso ma con uguale impegno spirituale. Entrambi, però, credente e non credente, devono, nel momento del decidere, dimettere ogni vanità e soprattutto ogni superbia; devono avvertire tutto il peso del potere affidato alle loro mani, peso tanto più grande perché il potere è esercitato in libertà e autonomia.

E tale compito sarà tanto più lieve quanto più il magistrato avvertirà con umiltà le proprie debolezze, quanto più si ripresenterà ogni volta alla società –che somma così paurosamente grande di poteri gli affida– disposto e proteso a comprendere l’uomo che ha di fronte e a giudicarlo senza atteggiamento da superuomo, ma anzi con costruttiva contrizione.

E ancora una volta sarà la legge dell’amore, la forza vivificatrice della fede a risolvere il problema radicalmente. Ricordiamo le parole del Cristo all’adultera: «Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra»; con esse egli ha additato la ragione profonda della difficoltà: il peccato è ombra e per giudicare occorre la luce e nessun uomo è luce assoluta.

Compito del magistrato non deve quindi essere solo quello di rendere concreto nei casi di specie il comando astratto della legge, ma anche di dare alla legge un’anima, tenendo sempre presente che la legge è un mezzo e non un fine. Verità che ritroviamo nelle altre parole che Gesù ebbe a pronunziare quando, secondo Marco, a proposito dello spigolare in giorno di sabato, disse, rivolto ai farisei:

«Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato».

Rosario Livatino (da Fede e diritto)

Presentazione a Mussomeli 22 ottobre 2022

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